DISCORSO PRONunCIATO DA MATILDE DONATI IL 25 aprile 2018
in piazza Matteotti a Massa Lombarda
Ho sempre promesso a me stessa che non avrei mai preso parte ad un partito o ad un movimento in tutta la mia vita. Me lo sono promessa nel momento in cui ho capito che il mio voto era importante.
Ho sempre pensato che far parte di un partito significhi esser vincolati ad un pensiero, a muoversi entro certi limiti, e se c’è una cosa al mondo che non posso assolutamente accettare è che le mie idee possano essere condizionate da qualcuno o qualcosa.
Negli ultimi tempi però mi sono fatta spesso una serie di domande: fino a che punto il mio pensiero può essere libero? Fino a che punto il pensiero di una persona può essere considerato accettabile per la nostra democrazia? Ma soprattutto, il fascismo può esser considerato un pensiero libero?
Sentiamo spesso ripetere che il fascismo è tornato, lo vediamo anche in numerose manifestazioni che ultimamente si susseguono quasi incessantemente. Il fascismo non è più un taboo, come invece è stato fino ad oggi dopo i disastri del regime nazi fascista in Europa. Ma cosa significa essere fascisti oggi?
Da un’inchiesta effettuata da Christian Raimo e riportata nel suo libro “Ho 16 anni e sono fascista”, Il fascismo oggi è un’ideologia strana, fatta di tanti frammenti incoerenti tra loro, dai culti orientali a quello delle armi e del duello, che tutti insieme danno però un modo di vivere dal quale, ad esempio, sono escluse le donne (caratteristica ereditata dal vecchio fascismo di matrice italiana anni ‘20).
Questo neo fascismo ha purtroppo preso piede soprattutto tra i giovanissimi, che sono lo specchio della politica italiana di domani: un aspetto molto inquietante che, se si avverasse, ci porrebbe davanti a problemi molto seri.
Di fronte a questa “ondata nera” di movimenti razzisti e fascisti che sta raccogliendo sempre più consensi nel nostro paese mi sono quindi ritrovata di fronte a due strade: continuare a mantenere la promessa che avevo fatto a me stessa, o prendere il coraggio di dire da che parte sto. Ho scelto la seconda opzione, tesserandomi ad Anpi come antifascista.
Non ho preso questa decisone a cuor leggero, perché sapevo che avrei infranto il giuramento che avevo fatto, ma non potevo più sopportare di sentire miei coetanei, oltre che adulti, parlare di Mussolini come se fosse un salvatore della patria, non potevo più sopportare di vedere post su Facebook in cui si esaltavano le sue gesta, nella più totale, e purtroppo consapevole, ignoranza della storia del nostro Paese durante la Seconda Guerra Mondiale, e non solo.
Fare oggi questo discorso in piazza è per me una grande responsabilità: sento la necessità di ricordare a tutti i nostalgici di Mussolini e del ventennio cosa prevede la Costituzione e la legge italiana in materia di fascismo.
L’art. 21 della Costituzione, che riguarda la libertà di pensiero, al primo comma, recita “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Da quanto si evince dal primo comma, ogni individuo, chiunque, ha la facoltà di divulgare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, cioè di poter liberamente comunicare con i propri simili. L’unico limite espressamente previsto dalla Costituzione è quello del buon costume, per cui si potrebbe dire che qualsiasi ideologia può esser espressa nel rispetto della legge.
Non dobbiamo però dimenticarci di quanto viene affermato nella 12esima disposizione transitoria e finale della cost., poi ripresa dalla Legge Scelba del ‘52, ovvero che è vietata la riorganizzazione del disciolto partito fascista.
Un netto No ad associazioni, movimenti, gruppi fascisti. Un No all’esaltazione pubblica di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo o di idee che abbiano finalità antidemocratiche. Senza dimenticare la legge Mancino del 93 che, Oltre quarant’anni dopo – a testimonianza del fatto che il virus fascista non è mai stato debellato del tutto - è tornata sul punto dell’articolo 3 della legge Scelba, allargandola alla discriminazione e all’odio razziale, all’istigazione a compiere atti di violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali e ancora all’associazione con questi fini.
Si tratta di leggi di per sé chiarissime, ma che oggigiorno non sono più sufficienti a punire in modo preciso i comportamenti individuali, specialmente per quanto riguarda la propaganda.
Insomma sono leggi che in questi anni hanno lasciato troppi margini di manovra a nostalgici e neofascisti, e ora ne subiamo gli effetti.
Con la legge Fiano si era cercato di fare un ulteriore passo avanti al fine di introdurre il delitto della propaganda del regime fascista e nazifascista con una fattispecie penale, punita con la reclusione da sei mesi a due anni individuata in varie formule: l’art. 293-bis, qualora fosse stato introdotto nel Codice penale, avrebbe individuato come delitto perseguibile d’ufficio da una parte la propaganda attiva “e quella che si manifesta anche solo nei diversi passaggi della filiera produttiva”, come si legge nella relazione illustrativa, cioè la produzione, la distribuzione, la diffusione, la vendita di immagini, oggettistica, gadget di ogni tipo che comunque sono chiaramente riferiti all’ideologia fascista o nazifascista o ai relativi partiti, dall’altra parte il richiamo alla gestualità, oltre che alla ideologia.
Vale a dire comportamenti quali il saluto romano (o nazifascista) fatto in pubblico sempre e in ogni caso e l’ostentazione pubblica di simboli che a tali partiti o ideologie si riferiscano.
Con la legge Fiano, approvata dapprima alla Camera per poi esser dimenticata al Senato, non avrebbe più dovuto esserci alcuna incertezza da parte dei tribunali, né nell’applicazione della Scelba o della Mancino né nell’interpretazione elastica delle sentenze della Cassazione.
In conclusione, vorrei ricordare le parole di Piero Calamandrei, che disse “Il ventennio fascista non fu, come oggi qualche sciagurato immemore figura di credere, un ventennio di ordine e di grandezza nazionale: fu un ventennio di sconcio illegalismo, di umiliazione, di corrosione morale, di soffocazione quotidiana, di sorda e sotterranea disgregazione morale.”
Ritengo quindi che sia un dovere di tutti gli italiani non dimenticarlo, per far sì che le future generazioni possano vivere in un Italia libera come hanno voluto i nostri nonni.
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia Sezione "Giuseppe Baffè" di Massa Lombarda e Sant'Agata sul Santerno